Frankenstein, Guillermo del Toro, 2025

in Olio di Balena4 days ago

Assemblato con gli scarti, messo insieme da un ossario, un patchwork, una bambola di pezza ricucita in più parti. Poi la luce, un fulmine, l'energia, la vita. Eccolo animarsi il pupazzo tra le mani di un mostro che gioca a fare dio. Ma essere Dio non comporta solo un atto di creazione, il divino sta nel fare dono della scelta, è lì che risiedono l'anima e la fiamma di Dio. Questa creatura, però, questo Novello Adamo non ha scelta. Non gli è consentito vivere e neppure morire. Dove conduce allora un viaggio che non ha destinazione? Mosso dalla vendetta, scoprirà lungo il tragitto tanto la violenza quanto la compassione umana, tanto l'odio quanto l'amore. Destinato per sua natura a vedere il mondo cambiare e l'umanità passare, la Creatura scoprirà per ultimo il perdono e sarà allora che nascerà da essere umano mentre il suo Creatore, ferito dal suo stesso ego più che dalla battaglia, morirà da mostro.
Il Frankenstein di del Toro è un film di profonda tenerezza e delicatezza. La contrapposizione tra uomo e mostro sempre cara alla narrazione del regista mira a sottolineare anche questa volta qual è il vero senso di 'essere umani', ben lungi dalla forma, dalle sembianze e dal sembrare ma più affine alla sostanza, ai sentimenti, al sentire, indagando e scoprendo sotto la superficie gli abissi talvolta inesplorati dell'anima. Essere Dio non è un gioco, la creazione comporta un atto di responsabilità sulle conseguenze delle scelte e soprattutto deve mettere in conto che il più grande atto d'amore non sta nel legare ma nel lasciare andare. E nel venire alla luce dell'ultima inquadratura riecheggiano i versi del poeta Gibran: "I vostri figli non sono figli vostri.
Sono i figli e le figlie del desiderio che la vita ha di sé stessa.
Essi non provengono da voi, ma attraverso di voi.
E sebbene stiano con voi, non vi appartengono.
Potete dar loro tutto il vostro amore, ma non i vostri pensieri.
Perché essi hanno i propri pensieri.
Potete offrire dimora ai loro corpi, ma non alle loro anime.
Perché le loro anime abitano la casa del domani, che voi non potete visitare, neppure nei vostri sogni.
Potete sforzarvi di essere simili a loro, ma non cercare di renderli simili a voi.
Perché la vita non torna indietro e non si ferma a ieri.
Voi siete gli archi dai quali i vostri figli, come frecce viventi, sono scoccati.
L’Arciere vede il bersaglio sul percorso dell’infinito, e con la Sua forza vi piega affinché le Sue frecce vadano veloci e lontane.
Lasciatevi piegare con gioia dalla mano dell’Arciere.
Poiché così come ama la freccia che scocca, così Egli ama anche l’arco che sta saldo."

Fotografia, trucco, costumi, interpreti tutto di notevolissimo pregio.

P.s. il rapporto tra Creatore e Creatura e la responsabilità della Creazione sono temi oggi di estrema attualità nei quesiti che da più parti scaturiscono sul presente e sul futuro del'A.I. e del rapporto con l'uomo. Pertanto la scelta del regista di riportare il Prometeo di Mary Shelley sugli schermi non resta meramente una scelta narrativa ma più che altro diventa occasione di riflessione e di indagine, dalla finzione alla realtà.